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America
America che fai? Ma chi siete voi?
Un sogno realizzato ridiventa sogno,
sublimato e mitizzato non me ne vergogno.
Gli spazi aperti e le grandi praterie,
non solo inganno delle mie fobie,
furono la visione di un grande disegno,
ora spazza tutto via con un grande effetto.
Tu resti come i tuoi modelli idealizzati,
una forma del passato per essere abbagliati.
Stelle e strisce a volontà il tuo regno non cadrà,
tenuto su dal fato e da ogni forma di reato.
I soldati abbandonati che t’hanno servito,
ripudiati prodi tutti quelli che hanno agito,
mentre chi col passaporto del potere alato,
tengono in alto ogni forma di peccato.
I vizi tuoi frutto dell’Europa antica,
non affogheranno
nell’insegna bolscevica.
Se tutto viene dal nulla e frutto sei del west,
per redimerti del tutto fatti un narco test,
cancella le tue colpe per sentirti privo,
attua in fretta un cambio significativo.
America lo sai quanto durerà l’avventura?
Non ci ingannerai
con trucchi oltre misura?
La voglia di popcorn l’abbiamo persa ormai,
non voltarti
indietro ma dicci dove andrai?
Panegirico
Quando t’ho vista spumeggiante e ambrata,
t‘ho presa tra le braccia accarezzata e amata,
ho curato il tuo frutto come un tenero fiore,
ho lavorato ho sofferto con te dentro al cuore.
E sempre più cara nell’anima mia eri impressa,
come a sera in un mare calmo con la luna riflessa,
un torto con una dolce smorfia l’hai perdonato,
al salpare con una rosa in petto m’hai riafferrato.
Sormontate asprezze in un arduo cammino,
aperto brecce bucato varchi a capo chino,
or sfidiamo il pendio più ingrato della vita,
privo del tuo aiuto la mia essenza sarebbe svanita.
Spero che del amor mio sia ormai convinta,
non s’incontra a ogni vista ma ne sei cinta,
lecita esitazione per chi non ha mai provato,
il seme il fiore il frutto più dolce del creato.
Dove finirà?
Dove finirà quella smorfia di dolore,
quando tenue le labbra la dipinge?
Ponderata dall’anima elaborata dal corpo,
scorre dove nasce e muore l’afflizione.
Dove finirà quel tenero pensiero,
quando le pieghe della mente lo concepiscono?
Nasce smarrito tra i meandri della percezione,
trasmuta in un’illusoria utopia librandosi
nell’infinito.
Scomparsa
Le ombre dei ricordi,
strascico di vita che ora porgo alla morte,
agitano le tue parvenze e già non m’appartieni,
per il fruscio d’un fugace tempo.
Parvenza di colori rischiarano la mente,
d’un tempo dipinto con un tocco di luce.
Scalpiccio di foglie accarezzate dalla brezza,
come l’aurora lambisce la fulgida guazza.
Sono una selce di giada che tutto sopporta,
ma non vedo un sol costrutto che valga.
Scendo nel degrado dello scorrere degli anni,
come per scoscesi rocciosi costoni,
che portano dalla mia casa all’arenile,
che precede la sconfinata distesa acquosa.
Nulla ostacola la mia lenta immersione.
Rigetto inerme il finale disfacimento,
che senza sincrono scorre nell’illimitata dissonanza.
Mi manca l’uomo che cerca tra foglie cadute,
una pagina di pietra scritta,
dalla mano ferma del sapere.
© 2023 by Enzo Casamassima. All rights reserved. No part of this document may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without prior written permission.
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