domingo, 1 de diciembre de 2019

Uomo



         LIV  Exposición Individual de Fotografías:           "Playas y Mares III" del 7 al 22 de Diciembre,                   en la Galeria de Arte, MAXART.




Quando l’uomo aveva le spine sul pene

I maschi del genere Homo, prima della comparsa del Neanderthal, hanno perso quella parte del DNA che rendeva il loro pene spinoso. Le spine del pene, oggi ancora presenti in numerosi animali come il gatto, si evidenziano in piccole formazioni di cheratina che ricoprono l'esterno dell'organo. Secondo i biologi, David Kingsley e Gill Bejerano, della Stanford University, in California, questa caratteristica era presente nell'antenato dell'essere umano e nello scimpanzé, circa sei milioni di anni fa e scomparsa dal codice genetico prima dell'origine dell'uomo di Neanderthal, circa 700.000 anni fa.

Confrontando il genoma umano odierno con quello dello scimpanzé e del Neanderthal, gli studiosi hanno rilevato circa 500 cancellature genetiche, verificate durante la nostra evoluzione che hanno provocato vari mutamenti nel nostro organismo, come l’aumento delle dimensioni del cervello e l’eliminazione delle vibrisse dal volto. Le cancellazioni genetiche dal DNA, non compromettono la funzione complessiva di un essere, ma, anche piccoli cambiamenti hanno effetti importanti sul modo in cui gli organismi si evolvono, dando origine a strutture diverse.

Nel corso del tempo, il pene umano perse le asperitá, diventando liscio, poiché non c’era più bisogno. Il pene spinoso contribuisce alla fertilizzazione delle femmine, quando vi è una forte competizione tra diversi maschi. Infatti, le spine rompono gli spermatozoi di altri maschi depositati all’interno delle femmine, per impedire la fertilizzazione dell’ovulo, a vantaggio del proprio.



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