Alla fine del
XIX secolo, a venti chilometri a ovest da Santo Domingo, Repubblica Dominicana, dopo aver attraversato il fiume
Haina, c’era un piccolo centro abitato di 1.500 anime, fondato nel
1822 dal padre Ayala, chiamato San Cristobal.
Rafael Leónidas Trujillo Molina nacque proprio in quel paesino, oggi
inglobato nei lunghi tentacoli della popolosa capitale dominicana, il 24
ottobre del 1891.
Nel 1844, il
villaggio ebbe un momento di gloria. Gli haitiani erano stati sconfitti e
cacciati dalla Repubblica Dominicana e i nativi avevano bisogno di redigere la
loro prima Costituzione. Fuori dalle ingerenze della più popolosa capitale, i
padri costituenti scelsero quel tranquillo paesino, per stilare quel documento
tanto importante, per la nascente repubblica. Quindi, la Costituzione fu
promulgata il 6 novembre 1944. San Cristobal si sviluppava con le sue casupole
e capanne, lungo una strada principale, chiamata in seguito, Via della
Costituzione. Pur senza un tracciato urbano, l’agglomerato aveva poi, alcune
stradine parallele e alcune perpendicolari che supponevano un futuro sviluppo
demografico. Aveva una chiesa e un parco. Attorno al villaggio pascolava
indisturbato il bestiame che forniva parte del sostentamento del borgo. Fuori
vi era una folta vegetazione fatta di piante di cacao, banane, mais e altri
cespiti. Parte della frutta e verdura che alimentava la capitale, Santo Domingo,
proveniva da quelle terre.
José Trujillo Monagas, nonno del dittatore per parte di padre, arrivò a
Santo Domingo dalle isole Canarie, originario di Tenerife, come integrante
delle truppe spagnole di rinforzo, durante l’annessione della Repubblica Dominicana,
alla Spagna e spedito a Las Matas de Farfán, villaggio vicino al confine con
Haiti. In loco conobbe la mulatta Silveria Valdez Méndez, con la quale procreò
il suo primogenito José Trujillo Valdez, padre di Rafael Leónidas, riconosciuto
anagraficamente solo molti anni dopo. José Trujillo Monagas, nonno, fu fatto
prigioniero dai patrioti dominicani e traslatato a Jánico, nella Cordillera
Central dell’isola caraibica, dov’erano detenuti altri militari spagnoli.
Giudicato e condannato a morte dai patrioti, gli fu condonata la pena poiché
non essendoci paramedici nell’accampamento, fu giudicato idoneo all’infermeria.
Poi, fu trasferito a Cuba e dopo un secondo breve soggiorno nella Repubblica
Dominicana, alla fine della guerra si stabilì definitivamente a L’Avana,
servendo nel corpo di polizia, per ventitré anni. Nell’eludere l’azione
delinquenziale di diversi feroci individui, in varie occasioni ricevette
riconoscimenti e decorazioni, sino ad arrivare agli allori delle cronache. Il 9
luglio del 1881, fu nominato Vice Capo delle forze militari della provincia di
L’Avana e a fine anno, Capo.
José Trujillo Monagas, nel 1882, mentre studiava diritto civile e canonico
nell’università di L’Avana, laureandosi nel luglio del 1886, fece editare in
Barcellona, Spagna, un libro dove descriveva gli eventi di guerra da lui
vissuti e tre sonetti, dando mostra di una fine e sensibile anima. Alla fine
della guerra cubano-spagnola e conseguente ritirata delle truppe d’occupazione
statunitensi, José ebbe il permesso di restare a L’Avana, esercitando la
carriera di avvocato e notaio sino alla morte, lasciando prole in loco.
Attorno al 1880, Silveria Valdez Méndez, gli inviò il figlio José, perché
lo potesse riconoscere, dandogli il suo cognome e avviarlo alla vita. Al tempo Silveria
era una delle maggiori attiviste e capo regionale del lilismo, per le città del
sud della Repubblica Dominicana, Azua, Baní e San Cristóbal. Lilismo viene da
Lilis, diminutivo del presidente Hulises Heureaux che governò la Repubblica
Dominicana in tre occasioni, nell’ultimo ventennio del XIX secolo.
I genitori del
duce, José Trujillo Valdez y Altagracia Julia Molina si sposarono in San
Cristobal, il 29 settembre 1887. José Trujillo Valdez, conosciuto come don
Pepe, ufficialmente era un piccolo commerciate di bestiame, caffè, tabacco,
legno e traverse ferroviarie. In realtà, per sbarcare il lunario della sua
numerosa famiglia, dedicò tutti i suoi affanni all’abigeato, considerando che non c’era
miglior metodo per arrivare a possedere una mandria di bestiame che rubandolo.
Il padre del grande dittatore era un ladro e anche se molte volte eluse
l’azione della giustizia, in altre dovette rispondere delle sue azioni di
fronte a un tribunale. Quando suo figlio raggiunse
il grandino più alto dello Stato, l’insigne ladro raggiunse i più alti onori.
Fu elevato a Senatore. Il suo nome fu affibbiato a una provincia, la sua effige
fu collocata nel salone del Congresso Nazionale, a fianco di Duarte, Sánchez e
Mella, padri della patria e cose roboanti di questo genere. In suo onore fu
istituito il giorno del padre, facendolo passare per simbolo di onestà e virtù.
Il suo nome risultava effigiato su strade e piazze, su ponti e canali e
alla sua morte ebbe gli onori che si tributavano agli imperatori. Il suo corpo
fu inumato nella Cappella degli Immortali, nella Prima Cattedrale del
Continente Americano, a fianco di Cristoforo Colombo, poi entrambi trasferiti,
il primo nell’immondizia, da parte del popolo dominicano e il secondo nel
maestoso mausoleo di Santo Domingo, appositamente costruito, con il contributo
di tutti i paesi dell’America Latina.
Il Faro di Colombo, così com’è chiamato, è un monumento di cemento armato a
forma di croce, lungo 210 metri e alto 36. Una luce laser, posta nell’estremità
superiore del mausoleo, riflette una croce nel firmamento, visibile dallo
spazio, sino a 64 chilometri di altezza. Il Faro fu inaugurato in occasione
della celebrazione del quinto centenario della scoperta di America, il 6
ottobre del 1992, 6 giorni prima del dovuto.
José Trujillo
Valdez era un uomo gradevole e non portava rancore a nessuno, caratteristica
che ironicamente avrebbe contraddistinto anche suo figlio Rafael Leonida. Nel
complesso, pur non avendo molti difetti, non aveva neanche molti pregi. Quello
che lo caratterizzava era la sua licenziosità che trasmise a tutti i suoi
figli, causando le ire della sua consorte. D’altronde era facile esserlo, in un
paese dove le regole erano una chimera e la libido era ed è alta. Si dedicava a
festeggiare con i vicini di casa, ballando e bevendo, unico diletto di quei
miseri anfratti. Quindi, le sue esternazioni non causavano il disgusto di
nessuno, giacché erano piccoli misfatti, comuni alla stragrande maggioranza
delle persone del luogo e del tempo, non disdegnate nemmeno oggigiorno.
Un giorno,
seduto nella sala d’attesa del Palazzo Presidenziale, vide che suo figlio gli
si avvicinava. Lo accolse con un sorriso, essendone orgoglioso, ma lo stesso lo
redarguì dicendo che all’arrivo del Presidente della Repubblica doveva mettersi
in piedi, suscitando la sua amarezza. Il tapino morì il primo giugno del 1935, per
abuso di droghe atte a mantenere una buona vigoria sessuale, complicato con lo
strascico di una influenza mal curata.
Sua moglie
Altagracia Julia Molina Chevalier,
madre del dittatore, in seguito nota come Mamá Julia, era la figlia del
contadino dominicano Pedro Molina Peña e della maestra Luisa Erciná Chevalier,
i cui genitori pur haitiani, erano di discendenza francese. La sua casa e
quella della famiglia Trujillo, il despota ci visse sino all’età adulta, era di
legno, dipinta di rosso, con il tetto di lamine di zinco, cosi come quasi tutte
le case del posto. La casa era abbastanza grande, avendo sei camere da letto,
una cucina e una sala. Altagracia, donna sincera, onorabile, buona e semplice,
ma dalla mente confusa, svolgeva
l’attività di sarta. Dai vicini era
considerata una santa, per sopportare le angherie del marito.
Poi, il figlio la convertì in prima dama e il
ritratto con suo marito fu riprodotto in un francobollo. Per questa mulatta,
anche se le visite del figlio, già Presidente della Repubblica, non durano più
di cinque minuti, erano un martirio, ma Rafael ci teneva, per essere catalogato
come un figlio modello. Per la sua gloria, Trujillo stabilì che il giorno
nazionale della madre, coincidesse con quello della sua nascita. La signora, a
cui importavano poco le manovre del figlio, nella sontuosa residenza concessole
dallo stesso, doveva sopportare le visite per lei inopportune, di alti militari,
di deputati e senatori, di altri manichini imbellettati del regime, di gruppi
di donne del Partito Dominicano, con le loro splendide offerte floreali. L’effige della eccelsa matrona e prima
dama, Julia Molina, fu stampata in un francobollo celebrativo ordinato da Don
Pipí Troncoso, in occasione del giorno della madre, del 1940.
Rafael Leónidas Trujillo Molina fu un militare, politico e dittatore della Repubblica Dominicana, dal 1930, sino al suo assassinio, del
30 maggio 1961. Esercitò la presidenza della Repubblica dal 1930 al 1938 e dal
1942 al 1952 e governando tramite presidenti fantoccio nei restanti anni. I
suoi trentuno anni di governo sono conosciuti come L’Era Trujillo, considerata
una delle tirannie più sanguinarie dell’America Latina. Il suo governo si
caratterizzò per l’anticomunismo, la repressione dell’opposizione e il culto
della sua personalità. I diritti civili furono calpestati e si commisero
costanti violazioni. Sottomise il paese in uno stato di panico e rispetto e le
condanne a morte erano fatte passare per incidenti. Chiunque non era d’accordo
con il suo regime poteva essere incarcerato, torturato e assassinato.
I partitari di Trujillo, mettono in
evidenza alcuni lati positivi del suo regime dittatoriale, come la fine del
caudillismo, per la instabilità politica che procurava, il ripristino
dell’ordine pubblico, lo sviluppo economico del paese. Durante il suo regime,
Trujillo fece funzionare all’unisono tutti i ministeri, stabilendo un monopolio
su tutto quello che poteva arricchirlo, accumulando un’enorme fortuna, in parte
recuperata dai successivi governi semi democratici. Il suo regime causò circa
cinquanta mila morti, principalmente dominicani, ma anche haitiani, cubani,
colombiani, venezuelani, spagnoli.
Il caudillismo fu un fenomeno politico sociale, sorto
nell’America Latina, nel XIX secolo. Il caudillo veniva nominato dal popolo per
acclamazione, per gestire fette di territori. In alcuni casi, il caudillo
arrivava alla dittatura di una intera nazione. Quando le masse venivano
disilluse dal loro eletto, se ne acclamava un altro.
Nelle stranezze della storia, Rafael Leónidas Trujillo Molina appare nelle
cronache giornalistiche, all’età di cinque anni, affetto dalla sindrome di
Croup. Questa malattia, innescata da un’infezione
virale acuta delle vie aeree superiori, laringotracheobronchite,
gonfia la gola e interferisce con la respirazione. All’epoca, in quelle aree, la
patologia colpiva il
15% dei bambini tra i 6 mesi e i 6 anni. La causa principale della sindrome di
Croup è la difterite,
curata all’epoca con steroidi, mentre oggi, per l’igiene e la vaccinazione, la patologia è svanita.
Nell’edizione
del 3 settembre 1897, del Listin Diario, quotidiano nato il primo agosto del
1889, unico informatore locale in quello scorcio di fine XIX secolo, si
raccontavano le disavventure sanitarie del piccolo Rafael Leónida,
affetto da sindrome di Croup, tenuto in cure dai dottori Ramón Baez e Brioso, i
quali, per le situazioni contingenti, strapparono dal prematuro sepolcro, lo
sfortunato bambino. Quella fu la prima volta che nella
Repubblica Dominicana, si applicò una terapia scientifica contro la difterite,
malattia che aveva stroncato sino ad allora migliaia di vite.
L’infanzia di Rafael fu abbastanza
simile a quella degli altri bambini del posto. A sei anni fu iscritto alla
scuola di Juan Hilario Meriño, ubicata nella casa del maestro, così come le
altre quattro scuole del villaggio, tutte nelle case dei maestri, non essendoci
scuole pubbliche. Dopo un anno di frequentazione, Rafael passò alla scuola di
don Pablo Barinas, restandoci per i successivi quattro anni, imparando a
leggere e scrivere e far di conto. Il maestro lo giudicava il più diligente. In
quell’epoca fu anche chierichetto. Quell’insegnamento fu corroborato anche con
quello della nonna Luisa Erciná Chevalier. Luisa era una delle persone più
rispettate del posto. Era diventata vedova di suo marito Pedro Molina, nel 1869
e si era risposata con Juan Pablo Piña, uno dei pochi letterati del villaggio,
il quale, talvolta aiutava Luisa nell’istruzione dei suoi nipoti. Due figli del
suo secondo matrimonio, Teodulo e Plinio, diventarono amici di Rafael, il quale
aveva una peculiarità rispetto agli altri bambini che da grande sarebbe diventata
un’ossessione ed era quella di lavarsi, profumarsi e vestirsi bene, in
contrasto con la povertà, il posto e i tempi. Rafael, fu
spesse volte visto ben vestito e curato nell’aspetto, nel piccolo parco del
villaggio, di fronte alla sua casa, anche se tutti i fratelli Trujillo
vestivano meglio dei loro coetanei e per questo rispettati.
Pur non accompagnando il padre e i fratelli nel crimine dell’abigeato,
formando La Pandilla de Pepito, soprannome del padre, Rafael Leónidas si limitava
a rubare nelle strade del suo paese natio, medaglie, catenine, orologi e
quant’altro luceva, consegnandole alla madre, la quale quotidianamente le
domandava cosa avesse portato di buono a casa. Egli rispondeva che aveva raggranellato
chapitas, cioè cianfrusaglie luccicanti. Chapita divenne uno dei suoi nomignoli
più conosciuti. I suoi fratelli, scherzando e ridicolizzandolo, lo chiamavano
Don Emiliano, riferendosi a Emiliano Tejeda, signore dal profilo umano
inappuntabile, viste le differenze di profitti nelle ruberie.
A quindici anni Rafael
si trasferì a Santo Domingo, dove frequentò un corso di telegrafia, per poi
trovare un lavoro a San Cristóbal, nel 1907. Forte nel mantenere l’alcool, da
telegrafista fu ripreso varie volte da alcune sue colleghe, per le sue grandi
bevute sul posto di lavoro. Egli, forse per ferirle nell’orgoglio, soleva
spogliarsi nudo di fronte a loro.
Rafael,
crescendo, si dedicò al lavoro di carpenteria. Da giovane era attratto dai
cavalli e spesse volte lo si vedeva cavalcare al galoppo nella periferia di San
Cristóbal, i cavalli di Eduardo Félix Papamandiapolis, francese, sposato con la
cugina di suo padre, Cramen Silva Valdez, il quale aveva cavalli d’ottima
fattura. Tra il 1910 e il 1916, anche Rafael si dedicò all’abigeato e fu acciuffato
per la falsificazione di un assegno. Condannato al pagamento di una multa e al
carcere, riuscì abilmente a evitarlo.
In quegli anni Rafael Trujillo
cominciò a interessarsi alla politica, diventando un horacista, iscritto al
Partito Nazionale di Horacio Vasquez. Nel dicembre del 1914, con l’elezione
alla Presidenza della Repubblica di Juan Isidro Jimenez, ci furono ribellioni
in varie parti della nazione, fermate da Horacio, il quale annunciò che non
avrebbe sopportato insurrezioni da parte dei suoi seguaci. Il Ministro della
Giustizia, Jacinto Peynado, promulgò una legge contro gli agitatori pro
horacisti e molti furono arrestati.
Un giorno, uno
dei rivoltosi, abbandonando il suo rifugio, si presentò nel dipartimento del
Ministro chiedendo clemenza e poter tornare nella sua casa. Lo stato dell’uomo
era deplorevole. Coperto di stracci, soffriva di denutrizione e gli mancavano
alcuni denti. Era allo strenuo delle forze e totalmente inoffensivo. Non
c’erano dubbi che sarebbe stato mandato a casa, per la recuperazione fisica.
Prima di lasciarlo andare, Peynado gli chiese quale fosse il suo nome. Rafael
Leonida Trujillo Molina, di San Cristobal, rispose. Per la serie Rafael
Trujillo non dimentica, ventitré anni più tardi, Peynado fu nominato Presidente
della Repubblica, dal duce.
Nel 1916,
Trujillo era membro di una banda criminale denominata, La 44. Tra di loro c’era
Miguel Angel Paulino, colui che negli anni del terrore divenne uno dei
principali agenti di Trujillo. La banda usava rubare botteghe e magazzini e a
qualsiasi crimine che avrebbe recato loro un guadagno.
Alla fine del
1916, Trujillo affrontò un rivale in amore, infliggendogli varie ferite con un
machete. Scappato dal luogo infausto, Rafael si stabilì a San Perdo de Macoris,
cittadina a cento chilometri da San Cristóbal, nella parte est dell’isola, dove
per i
successivi due anni lavorò in uno zuccherificio, ultima tappa prima di entrare
nell’Esercito.
Trujillo era occupato a pesare i mezzi
che arrivavano allo zuccherificio. L’impiego non piaceva a Rafael e dopo poco si
fece nominare a guardia campestre, con il compito di prevenire incendi e dirimere
discussioni tra gli operai. La vita in quei posti era disordinata e violenta e
le dispute erano molto frequenti. Il suo impegno durava dodici ore al giorno,
per sette giorni alla settimana e in caso di necessità il suo compito si protraeva
anche di notte. Indossava una uniforme di cotone blu, con una scritta che gli
conferiva il suo grado di guardia. Aveva in consegna un cavallo, con il quale girava
nella zona a lui assegnata. La sua paga era di trenta dollari al mese.
La canna da
zucchero fu introdotto nell’isola caraibica all’inizio della sua colonizzazione,
dalle isole Canarie, durante il secondo viaggio di Cristoforo Colombo. Il primo
mulino per l’estrazione dello zucchero fu quello di Nigua, del 1517. La canna
cominciò a diffondersi lentamente in tutta l’isola, ma la prima vera
piantagione fu realizzata a San Pedro de Macoris, nel 1880, con capitali nordamericani
e italiani e quando ci fu l’occupazione statunitense, del 1916, l’industria
proliferò ancor più. Quasi tutte le piantagioni si trovavano nella parte
sudorientale dell’isola, non perché le terre erano più fertili, ma perché erano
più accessibili e piane.
Durante il
primo ventennio del secolo XX, fatto di conflitti tra le due fazioni più
importanti, quelle dei Presidenti Jimenez e Vazquez, la nazione aveva subito
drastici cambi. Per forti debiti verso gli Stati Uniti d’America e per la
debole situazione politica e sociale, nel novembre del 1916, gli statunitensi,
al comando del capitano Harry Knapp, occuparono l’isola, con l’intento di
sollevare le sorti della nazione caraibica. Molti risultati positivi si
ottennero, anche se, inevitabilmente, non mancarono gli aspetti negativi, fatti
di abusi e crimini.
Nel dicembre del 1918, Rafael
Trujillo, tramite una certificazione rilasciata dallo zuccherificio,
nel descrivere le sue caratteristiche di guardiano integerrimo, chiese di
entrare a far parte dell’Esercito Nazionale. La rapidità con cui la Guardia
Nazionale rispose alla sollecitudine di arruolamento, la dice lunga sulla sua
condizione, incamminandolo verso la sua nefasta gloria. Il giorno dopo Trujillo
si sarebbe dovuto presentare di fronte al Maggiore James McLean, il quale non
ebbe alcuna esitazione. Rafael Trujillo presentò le sue credenziali di
uomo capace e senza scrupoli che avrebbe fatto di lui, il duce che la storia
conosce, di fronte al comando nordamericano, all’epoca insediati nella Repubblica
Dominicana, nel sedare gli insorti delle provincie a suo carico, di San Pedro
de Macoris ed El Seibo. Dalla visita medica risultò che Rafael Trujillo era alto un
metro e settanta, pesava 57 chilogrammi e aveva un torace di 80 centimetri. Trujillo
godeva di buona salute e la sua domanda fu formalmente accettata il 27 dicembre
del 1918, mentre l’11 gennaio del 1919 prestò giuramento, riscuotendo
direttamente il grado di Secondo Tenente della Guardia Nazionale. Il suo
destino era tracciato e la vita militare gli calzava a pennello. La
carriera militare che avrebbe influenzato profondamente il popolo dominicano
per i successivi decenni, sino alla sua morte e anche nel futuro, si stava
materializzando.
Le notifiche
dei suoi superiori nel primo anno furono eccellenti e anche le successive non
lo furono meno. Il Maggiore Thomas Watson, suo superiore diretto, lo
considerava uno dei migliori ufficiali in servizio. Rafael riceveva protezione dalle forze nordamericane, per
svolgere il suo lavoro di controllo, nella migliore maniera possibile. Agli
americani importava poco delle faccende spicciole interne. L’importante era la
sua opera contro i sovversivi. Alcuni degli ufficiali statunitensi che lo
proteggevano, dopo la seconda guerra mondiale, ascesero a importanti compiti
militari nella loro patria, servendogli quando divenne Presidente della
Repubblica Dominicana.
Trujillo aveva
un’attività di controllo anche sulle case da gioco, in cui, a suo piacimento,
in alcuni casi spogliava gli avventori dei loro averi. Un sabato fece una
retata che portò nelle tasche di Trujillo, per l’epoca e per il luogo,
l’incredibile somma di 14.000 dollari. Gli avventori erano dei contrattisti che
avevano con loro grandi quantità di denaro, per il pagamento dei loro operai.
La Guardia
Nazionale Dominicana, nel giugno del 1919, aveva dislocato 16 Secondi Tenenti,
in altrettante provincie e Rafael Trujillo, nelle provincie dell’est, si
distacca per il suo profondo amoralismo. Una volta fu coinvolto nello stupro di
Isabel Guzmán, ragazza di sedici anni, ma
dopo accurate indagini, per le sue protezioni, fu assolto, ma la sua estraneità
al caso non era condivisa da nessuno.
A quell’epoca
Trujillo chiese la sua iscrizione nel più importante club di intrattenimento
del Seibo. Nonostante i suoi sforzi per rendersi piacevole e appetibile, la
richiesta d’iscrizione al club fu rigettata. Questi furono i primi rancori che
serpeggiarono nella sua anima, dando vita a voglie di rivalse.
Nel 1921,
nell’Accademia Militare di Haina, a pochi chilometri dalla capitale Santo
Domingo, Trujillo, dopo aver frequentato un corso di quattro mesi, con
eccellenti risultati, fu designato comandante delle forze a San Pedro de
Macorís. Un mese dopo fu designato a Santiago e nel 1922 fu promosso capitano.
In quell’anno la Guardia Nazionale si convertì in Polizia Nazionale. Tra il
maggio e l’agosto del 1923, Trujillo frequentò un altro corso d’addestramento
militare, questa volta nella Scuola di Ufficiali, ricevendo ancora delle note
encomiabili.
Trujillo
cercava di frequentare il colonnello Thomas Watson, figura primaria delle forze
d’occupazione americane, suo addestratore nella Scuola di Ufficiali, per la sua
scalata al potere. Alla fine del corso Trujillo scriveva: “Il sottoscritto
desidera esprimere la sua gratitudine a lei e agli altri ufficiali statunitensi
che hanno partecipato alla mia formazione, per la cordiale e corretta condotta
mantenuta con gli ufficiali dominicani e per l’insegnamento impartito.” A differenza
dei suoi compatrioti, Trujillo non sentiva disgusto per l’occupazione americana
nel suo suolo patrio, anzi, verso di loro sentiva vera gratitudine, per i loro
insegnamenti.
Nel 1924, il
Maggiore Cesar Lora, comandante del dipartimento nord della Polizia Nazionale,
morì in circostante complesse. Innamoratosi di una donna sposata, il marito li
scoprì in flagranza di reato, sotto un ponte. Dieci giorni dopo la morte di
Lora, Trujillo fu nominato comandate della guarnigione e poi a settembre asceso
a Maggiore. Negli anni a seguire, Trujillo fu additato come l’informatore della
relazione del Maggiore Lora con la donna dell’assassino, cosi come il posto
dove si consumò il nefasto incontro tra i due fedifraghi. Il 6 dicembre del
1924, il Presidente della Repubblica Dominicana, Horacio Vasquez lo nominò
Tenente Colonello e Capo delle Forze Armate. Nel susseguirsi delle sue
ascensioni militari, con ritmo incalzante, accaddero numerosi fatti a lui
favorevoli.
Dopo un
soddisfacente inizio, l’occupazione nordamericana cominciò ad accusare forti
contrasti con l’opinione pubblica dominicana. Nel 1922 si cominciarono a
stabilire i termini della fine dell’occupazione che avvenne nel settembre dello
stesso anno. Nell’isola si organizzarono le elezioni presidenziali che ebbero
luogo nel maggio del 1924, vinte da Horacio Vasquez. Con la fuoriuscita degli
statunitensi, Trujillo ricevette ancor più poteri, arrivando al grado di Colonnello.
Il 13 agosto del
1927, Trujillo fu asceso a generale di Brigata e nominato comandante in capo
della Polizia Nazionale. Due giorni dopo fu investito in una cerimonia
ufficiale dal presidente della nazione, Horazio Vasquez. Dopo dieci anni dal
suo ingresso nell’istituzione, giungeva al più alto rango militare della
nazionale e numero due dello Stato, dopo il presidente.
Trujillo si circondò di amici fedeli, per la presa finale del potere e
quando i suoi avversari politici cerarono di limitare la sua autorità, era
troppo tardi. Sostenuto dal presidente Vasquez, il 15 Maggio del 1928, convertì
la Polizia, in Esercito Nazionale e Trujillo passò a essere il Capo di Stato
Maggiore dell’Esercito. Dal 1928 al 1930, Rafael Trujillo
e i suoi fratelli Héctor, Aníbal e José Arismendy, occupavano alte gerarchie
dell’esercito, sostenuti dagli statunitensi e dalla penna di un suo parente
giornalista, Icódulo Pina Chevalier.