Un passo dalla novella:
Brezza dei Caraibi
Capitolo I
Dopo la scoperta del continente Americano, gli Europei e gli Africani e prima del loro massacro per un breve periodo anche i Taino, autoctoni al momento dell’arrivo di Cristoforo Colombo, si sono incrociati dando luogo ad una variegata razza. Ereditando dai ceppi menzionati la forza, la bellezza, la perspicacia. La simpatia l’avranno acquisita dai napoletani, anch’essi nel novero dei promotori della odierna razza Caraibica. Il nome viene dall’altra famosa etnia, i Caribi, terribili e accaniti sostenitori del loro territorio, difeso strenuamente sino all'estinzione. Alcune tribù Taino erano pacifiche e accettarono l’intruso Europeo senza malizia alcuna e senza sospettare purtroppo che di lì a poco anche loro si sarebbero estinti, per colpa dei massacri perpetrati dai Conquistadores e soprattutto per le malattie importate dal vecchio continente.
Le Taine erano bellissime, di statura media e di pelle ambrata. Vivevano seminude e i loro lunghi capelli lisci e neri scivolavano sull’aggraziato corpo. Avevano sempre un dolce sorriso che sfiorava la loro deliziosa bocca e un contegno signorile. I lineamenti del viso erano regolari e così somiglianti alle europee che se avessero indossato dei vestiti, si sarebbero sicuramente confuse con esse. Praticavano danze tribali e giocavano con una palla fatta con residui vegetali. Aveva la caratteristica di rimbalzare, qualità sconosciuta all’epoca in Europa, la qual cosa suscitò l’interesse degli spagnoli. Si giocava con un numero non superiore alle trenta unità per squadra, donne e uomini insieme e consisteva nel mantenere la palla in aria, lanciandola con qualsiasi parte del corpo, tranne che con le mani e i piedi.
L’hotel era paradisiaco. La costruzione era in stile Vittoriano, con tanto verde e palme a fare da contorno e sullo sfondo il mare, bianco e luminescente. Il drink di benvenuto fu servito da una gentile morena con sottofondo di musica latina e abbondanze percussive. Alcuni tavoli ai bordi della piscina ornati di frutta tropicale. Una sbirciata al casinò adiacente, dove gentili croupiers con i loro sguardi ammalianti, invitavano a una puntatina. Ero molto stanco e mi recai nella mia stanza a riposare. Mi svegliai e mi resi conto che avevo dormito il resto della notte piú buona parte del giorno successivo. Rimasi ancora un po’ disteso sul letto e la mia attenzione fu rapita da una particolare fragranza nell’aria.
Come un veliero solca i mari del sud, infrangendo le onde piú dure con il timone a dritta, così quest'odore violava i miei sensi, incuriositi dalla particolarità. Non riuscivo a capire quale fosse la provenienza. In seguito scoprii l’arcano. Il profumo veniva dalle cucine, tanto vibrante quanto particolarmente gradevole. Erano spezie prepotentemente usate per rendere i piatti singolarmente aromatici. Dopo aver un po’ armeggiato nella stanza, al tramonto scesi in spiaggia. Un complessino suonava e alcune ballerine eseguivano sensuali danze e un po’ alla volta, quasi senza accorgermene, m'invischiai in quei ritmi. A un tratto la musica cessò e il gruppo di persone si disperse. Era il solito manipolo di persone che in maniera estemporanea si creava, per poi dissolversi rapidamente, brindando alla vita semplice ed episodica. Pensai di cenare fuori l’hotel per conoscere la vita locale un po’ meglio. M'indicarono un posticino che giudicai all’altezza. Entrai e trovai un ambiente chiassoso e austero al tempo stesso, con il solito contorno di ritmi latini. Non chiedevo di meglio. Nell’attesa cominciai a pensare alle sostanziali differenze tra la vita europea e quella caraibica e a tambureggiare le dita sul tavolo. Musiche esotiche e coinvolgenti, che manifestano a livello emotivo voglia di vivere. La seduzione delle musiche delle culture lontane é qualcosa di atavico. Jean Jacques Rousseau riporta nel suo "Dizionario della musica" l’importanza e l’esigenza spirituale dei ritmi e delle melodie sconosciute. Il giorno dopo mi svegliai ben riposato e di buona lena mi recai in un bar per fare colazione. Entrando probabilmente, mostai smarrimento e non trovando posti a sedere deluso accennai una giravolta per andare via, quando ascoltai una voce amica che m'invitava a sedere. Capelli a casco, occhi neri e vispi, nasino piccolo e arrotondato, carnagione ambrata. Labbra carnose e un sorriso smagliante facevano intravedere una bianca e perfetta dentatura. Una spontanea e disinvolta simpatia. Un corto e attillato vestitino ceruleo mostrava un sinuoso corpo...