jueves, 1 de noviembre de 2012

Racconti della Roma Antica




Tratto dal libro

Racconti della Roma Antica


 
Bizzarrie d’altri tempi

Una volta, Giulio Cesare, fu fatto prigioniero nei dintorni dell'isola di Farmacussa, odierna Farmakonisi, nel Dodecaneso a sud di Mileto, da un gruppo di pirati che a quel tempo numerosi scorrazzavano nel Mediterraneo. Gli fu richiesto per la liberazione, un riscatto di venti talenti. Lui li schernì per le misere pretese e promise che avrebbe consegnato loro cinquanta talenti. Questo era secondo il suo giudizio, il costo del riscatto per un uomo del suo valore ma giurò che in seguito li avrebbe scovati e ammazzati tutti. Inviò un gruppo di uomini in alcune città vicine a procurarsi il denaro e durante la prigionia, durata trentotto giorni, frequentemente li minacciava che li avrebbe fatti crocifiggere. Ai rapitori pareva che il prigioniero scherzasse, non sapendo con chi realmente avessero a che fare. Pagato il riscatto, fu rilasciato nella città di Milito, dove armata una piccola flotta, Cesare salpò per scovare i pirati. Dopo averli trovati e fatti prigionieri, li fece crocifiggere tutti, come aveva promesso durante la prigionia ma solo dopo averli fatti strangolare, per non farli soffrire una morte atroce. Giulio Cesare era grande anche nella vendetta!

Cesare pensava a tutto, anche a faccende di più basso profilo storico. A proposito di galateo, promulgò un editto secondo il quale in un banchetto, era permesso fare rutti e peti. Perché? In una serata conviviale, un suo familiare per educazione, lasciò dentro di se tutti i gas di scarico che un’automobile normalmente espelle, per la buona riuscita del motore. Il tizio rischiò di morire per aerofagia.

 



Tiberio era di corporatura robusta e tanto forte, da poter spezzare in due con un solo dito, una mela. I suoi occhi erano grandi e capaci di vedere nell’oscurità come un gatto, anche se brevemente e solo al momento del risveglio. Camminava con il collo rigido e dritto, parlava poco e lentamente, gesticolando mollemente con le dita. Sentiva tanta ripugnanza per l’adulazione che in un’occasione, un console che si buttò ai suoi piedi per chiedere perdono per un torto causato, lo fece retrocedere con tanta veemenza che cadde all’indietro. Aveva il pallino del risparmio, a cominciare da casa sua. Per esempio, mangiava quello che rimaneva del giorno prima, se ne avanzava. Una volta promulgò una strana legge che aveva lo scopo di abbassare il numero di alcune malattie da contagio. Vietato baciarsi tutti i giorni. Un’altra legge vietava l’esecuzione delle vergini. Casi rari ma quando accadeva, lui stesso le violava, se ne valeva la pena, per far eseguire la sentenza. Buongustaio!





Lucius Sergius Catilina, fu un politico dell’epoca repubblicana che tentò di sovvertire il potere oligarchico del senato con una nefasta congiura passata alla storia. Cicerone, che scoprì la congiura e la debellò, fu insignito per la prima volta nella storia di Roma del titolo di Padre della Patria. Discendeva dalla famiglia dei Sergi, una delle cento famiglie che comandò Roma a cominciare dai tempi della monarchia.


Da un passo del “De coniuratione Catilinae” dello storico e senatore romano, Gaio Sallustio Crispo.

Lucius Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis sed ingenio malo pravoque…

Lucio Catilina, nato di stirpe nobile, fu uomo di grande vigore morale e fisico ma d'indole malvagia e corrotta…


Da giovane era stato un gran donnaiolo, arrivando a sedurre anche una Vestale. Fatto gravissimo per un romano, tanto che il colpevole secondo la legge, veniva ucciso a frustate e la donna eliminata senza versare una goccia di sangue. La Vestale, infatti, veniva sepolta viva con un tozzo di pane e una lucerna in una cella sotterranea. Questa sentenza era eseguita anche nel caso in cui la sacra fiamma si spegneva, avendo lei il compito di tutelarla e alimentarla. Un fuoco dal quale dipendevano simbolicamente le sorti della città e dell’Impero. Era scelta direttamente dall’Imperatore tra le famiglie patrizie e doveva avere dieci anni. Le spettavano dieci anni di noviziato, dieci di servizio e dieci d’insegnamento. Quando a quarant’anni assolveva il suo compito, poteva sposarsi e perdere la verginità. Catilina, processato, fu incredibilmente assolto ma la macchia rimase. La Vestale si chiamava Fabia ed era cognata di Cicerone. Probabilmente questa è, al di là dalle ragioni politiche, la vera causa dell’astio di Cicerone nei suoi confronti. In seguito durante una delle violente battaglie verbali tra di loro nel senato, lo apostrofò con una delle frasi più celebri della storia: Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?

 

Marco Tullio Cicerone, aveva questo cognome, perché a un suo antenato gli crebbe sul naso un’appariscente protuberanza a forma di cece. Intraprese la carriera di avvocato dopo aver completato gli studi in giurisprudenza e filosofia. Il primo caso importante gli si presentò, quando un giovane di nome Sesto Roscio, fu accusato di parricidio da un potente di nome Crisogono, amico di Silla. Una legge recitava, che un parricida era spogliato di tutti i beni prima di essere giustiziato e le proprietà consegnate al demandante. Nessun avvocato voleva difendere il giovane, per non inimicarsi il potente. Cicerone, dopo vari tentennamenti, prese il coraggio a quattro mani e difese Roscio riuscendo a vincere anche la causa. Fu l’unico atto di coraggio della sua vita. Dopo di che gli venne una gran paura e sparì da Roma per quattro anni, per tema di ritorsioni. Ritornò solo alla morte del dittatore Silla, nel 77 A.C.



 

A Nerone piaceva declamare le sue poesie, cantare e suonare la cetra. Era anche affascinato dalla pittura e dalla scultura. Insomma, era un’artista. Ricordiamo che Nerone, fu duramente criticato dagli storici del tempo ma ultimamente il suo operare è stato rivalutato. Il tempo restituisce quello che la gente toglie. A ogni modo, Svetonio racconta che le sue opere non erano niente male. In più erano composte di suo pugno e non rubate ad altri artisti come si mormorava, sfatando una leggenda. Dal momento in cui iniziava una sua performance, era tassativamente proibito uscire dalla sala sino alla fine dell’evento. I suoi spettacoli erano tanto lunghi che una volta si registrò persino la nascita di un bimbo nell’auditorio. Anche i suoi banchetti duravano un´eternità. Solitamente andavano dal mattino sino a notte inoltrata e alcune volte avevano la particolarità di essere a base di sesso. Quanti superavano questa dura prova, non è stato riportato.




L’imperatore Claudio dovrebbe essere ricordato, come il personaggio storico più sbadato di tutti i tempi. Tante volte faceva chiamare a se, persone che tempo prima aveva fatto giustiziare. Una volta seduto su un triclinio, chiese reiteratamente di sua moglie Messalina, nipote del grande Ottaviano Augusto, la quale a quindici anni le fu data in sposa dall’Imperatore Caligola. La poveretta era stata giustiziata tempo prima, proprio su suo ordine e il tribuno che eseguì la condanna, esclamò la seguente frase: “Se la tua morte sarà pianta da tutti i tuoi amanti, piangerà mezza Roma!” Ma questa, è un’altra storia.














Il destino del sensibile


Sto de fronte ar castello der paese,
ogni anno torno solo per un mese,
me so’ seduto sopra a un parapetto
e nun so se regge o buttarme sotto.


Quanti colpi ha ricevuto ‘sta povera capoccia.
Ah! Se avessi pensato solo a fa bisboccia.
Invece no! Ho assolto sempre alle mie funzioni
e ora sto a subì tante persecuzioni.


Mi famija m’ha trattato come un bidone,
che quanno nun te serve gle dai un carcione,
me fanno vomitá a pensá che m’hanno buggerato
e adesso me ritrovo depresso e cor fegato malato.


Gli amici se so messi d’accordo e m’hanno usato,
m’hanno condenado ma nun so de cosa so’ accusato
e pe’ l’animo sensibile che se ritrova er sottoscritto,
in silenzio ho accettato ‘sto malefico complotto.


Se pensa che nella vita quando ci’hai i profitti,
er socio lo devi eliminá pe’ toglierti l’impicci,
pero quanno gira male ce sentimo dei relitti
e fa la fine der sorcio semo poi costretti.


A questo monno semo tutti criminali,
vivemo con concetti sballati e teorie banali,
il nostro agire è solo frutto dell’istinto
e ce movemo soli en un grande labirinto.















































































































© 2012 by Enzo Casamassima. All rights reserved. No part of this document may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without prior written permission.