sábado, 1 de diciembre de 2012

Roma Rinascimentale







La rivoluzione dei fessi


È dire che ci’avemo messo tutte l’energie,
arrivanno en poco a nuove gerarchie,
pe’ cambiá er monno de li nonni nostri,
noi’artri ómini giudicati esseri sinistri.


Poverelle quante ingiustizie e quante scalogne,
tutt’er giorno a lavorá soffrendo e incassá vergogne,
ma a li tempi de Petrarca ‘na donna era Madonna
e pure quando c’era Leonardo se chiamava Monna.


E mo’ nun c’è credo tanto a questa storia
e se hanno patito fu ‘na pena transitoria,
avranno preso si quarche schiaffone,
ma era pe’ aiutarle a coregge la visione.


Ora verso l’omo ci’hanno pure un pregiudizio
e pe ‘na carezza ar culo te porteno en giudizio,
“Ce toje dignità e ci’hanno rotto er cacchio!”
Me sa che l’abbiamo preso dentr’ar secchio.


Er 68 è stata la rivoluzione de li fessi,
l’avemo fatta senza pensá a l’interessi,
ma nun c’è potevamo fa li fatti nostri
e no! Avemo pensato de concede li diritti.


Aooh! Pe’ te tanti problemi ho affrontato!
E tu en cambio che m’hai dato?
L’indifferenza e l’astinenza!
E adesso sei tu a fa ‘na prepotenza!


Che centramo cor passato si l’hanno trascurate,
adesso ‘ste donne so’ pure divorziate
e da quanno mi moje se messo er pantalone,
sto a fa sempre la figura der cojione.


















































































































© 2012 by Enzo Casamassima. All rights reserved. No part of this document may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without prior written permission.

jueves, 1 de noviembre de 2012

Racconti della Roma Antica




Tratto dal libro

Racconti della Roma Antica


 
Bizzarrie d’altri tempi

Una volta, Giulio Cesare, fu fatto prigioniero nei dintorni dell'isola di Farmacussa, odierna Farmakonisi, nel Dodecaneso a sud di Mileto, da un gruppo di pirati che a quel tempo numerosi scorrazzavano nel Mediterraneo. Gli fu richiesto per la liberazione, un riscatto di venti talenti. Lui li schernì per le misere pretese e promise che avrebbe consegnato loro cinquanta talenti. Questo era secondo il suo giudizio, il costo del riscatto per un uomo del suo valore ma giurò che in seguito li avrebbe scovati e ammazzati tutti. Inviò un gruppo di uomini in alcune città vicine a procurarsi il denaro e durante la prigionia, durata trentotto giorni, frequentemente li minacciava che li avrebbe fatti crocifiggere. Ai rapitori pareva che il prigioniero scherzasse, non sapendo con chi realmente avessero a che fare. Pagato il riscatto, fu rilasciato nella città di Milito, dove armata una piccola flotta, Cesare salpò per scovare i pirati. Dopo averli trovati e fatti prigionieri, li fece crocifiggere tutti, come aveva promesso durante la prigionia ma solo dopo averli fatti strangolare, per non farli soffrire una morte atroce. Giulio Cesare era grande anche nella vendetta!

Cesare pensava a tutto, anche a faccende di più basso profilo storico. A proposito di galateo, promulgò un editto secondo il quale in un banchetto, era permesso fare rutti e peti. Perché? In una serata conviviale, un suo familiare per educazione, lasciò dentro di se tutti i gas di scarico che un’automobile normalmente espelle, per la buona riuscita del motore. Il tizio rischiò di morire per aerofagia.

 



Tiberio era di corporatura robusta e tanto forte, da poter spezzare in due con un solo dito, una mela. I suoi occhi erano grandi e capaci di vedere nell’oscurità come un gatto, anche se brevemente e solo al momento del risveglio. Camminava con il collo rigido e dritto, parlava poco e lentamente, gesticolando mollemente con le dita. Sentiva tanta ripugnanza per l’adulazione che in un’occasione, un console che si buttò ai suoi piedi per chiedere perdono per un torto causato, lo fece retrocedere con tanta veemenza che cadde all’indietro. Aveva il pallino del risparmio, a cominciare da casa sua. Per esempio, mangiava quello che rimaneva del giorno prima, se ne avanzava. Una volta promulgò una strana legge che aveva lo scopo di abbassare il numero di alcune malattie da contagio. Vietato baciarsi tutti i giorni. Un’altra legge vietava l’esecuzione delle vergini. Casi rari ma quando accadeva, lui stesso le violava, se ne valeva la pena, per far eseguire la sentenza. Buongustaio!





Lucius Sergius Catilina, fu un politico dell’epoca repubblicana che tentò di sovvertire il potere oligarchico del senato con una nefasta congiura passata alla storia. Cicerone, che scoprì la congiura e la debellò, fu insignito per la prima volta nella storia di Roma del titolo di Padre della Patria. Discendeva dalla famiglia dei Sergi, una delle cento famiglie che comandò Roma a cominciare dai tempi della monarchia.


Da un passo del “De coniuratione Catilinae” dello storico e senatore romano, Gaio Sallustio Crispo.

Lucius Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis sed ingenio malo pravoque…

Lucio Catilina, nato di stirpe nobile, fu uomo di grande vigore morale e fisico ma d'indole malvagia e corrotta…


Da giovane era stato un gran donnaiolo, arrivando a sedurre anche una Vestale. Fatto gravissimo per un romano, tanto che il colpevole secondo la legge, veniva ucciso a frustate e la donna eliminata senza versare una goccia di sangue. La Vestale, infatti, veniva sepolta viva con un tozzo di pane e una lucerna in una cella sotterranea. Questa sentenza era eseguita anche nel caso in cui la sacra fiamma si spegneva, avendo lei il compito di tutelarla e alimentarla. Un fuoco dal quale dipendevano simbolicamente le sorti della città e dell’Impero. Era scelta direttamente dall’Imperatore tra le famiglie patrizie e doveva avere dieci anni. Le spettavano dieci anni di noviziato, dieci di servizio e dieci d’insegnamento. Quando a quarant’anni assolveva il suo compito, poteva sposarsi e perdere la verginità. Catilina, processato, fu incredibilmente assolto ma la macchia rimase. La Vestale si chiamava Fabia ed era cognata di Cicerone. Probabilmente questa è, al di là dalle ragioni politiche, la vera causa dell’astio di Cicerone nei suoi confronti. In seguito durante una delle violente battaglie verbali tra di loro nel senato, lo apostrofò con una delle frasi più celebri della storia: Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?

 

Marco Tullio Cicerone, aveva questo cognome, perché a un suo antenato gli crebbe sul naso un’appariscente protuberanza a forma di cece. Intraprese la carriera di avvocato dopo aver completato gli studi in giurisprudenza e filosofia. Il primo caso importante gli si presentò, quando un giovane di nome Sesto Roscio, fu accusato di parricidio da un potente di nome Crisogono, amico di Silla. Una legge recitava, che un parricida era spogliato di tutti i beni prima di essere giustiziato e le proprietà consegnate al demandante. Nessun avvocato voleva difendere il giovane, per non inimicarsi il potente. Cicerone, dopo vari tentennamenti, prese il coraggio a quattro mani e difese Roscio riuscendo a vincere anche la causa. Fu l’unico atto di coraggio della sua vita. Dopo di che gli venne una gran paura e sparì da Roma per quattro anni, per tema di ritorsioni. Ritornò solo alla morte del dittatore Silla, nel 77 A.C.



 

A Nerone piaceva declamare le sue poesie, cantare e suonare la cetra. Era anche affascinato dalla pittura e dalla scultura. Insomma, era un’artista. Ricordiamo che Nerone, fu duramente criticato dagli storici del tempo ma ultimamente il suo operare è stato rivalutato. Il tempo restituisce quello che la gente toglie. A ogni modo, Svetonio racconta che le sue opere non erano niente male. In più erano composte di suo pugno e non rubate ad altri artisti come si mormorava, sfatando una leggenda. Dal momento in cui iniziava una sua performance, era tassativamente proibito uscire dalla sala sino alla fine dell’evento. I suoi spettacoli erano tanto lunghi che una volta si registrò persino la nascita di un bimbo nell’auditorio. Anche i suoi banchetti duravano un´eternità. Solitamente andavano dal mattino sino a notte inoltrata e alcune volte avevano la particolarità di essere a base di sesso. Quanti superavano questa dura prova, non è stato riportato.




L’imperatore Claudio dovrebbe essere ricordato, come il personaggio storico più sbadato di tutti i tempi. Tante volte faceva chiamare a se, persone che tempo prima aveva fatto giustiziare. Una volta seduto su un triclinio, chiese reiteratamente di sua moglie Messalina, nipote del grande Ottaviano Augusto, la quale a quindici anni le fu data in sposa dall’Imperatore Caligola. La poveretta era stata giustiziata tempo prima, proprio su suo ordine e il tribuno che eseguì la condanna, esclamò la seguente frase: “Se la tua morte sarà pianta da tutti i tuoi amanti, piangerà mezza Roma!” Ma questa, è un’altra storia.














Il destino del sensibile


Sto de fronte ar castello der paese,
ogni anno torno solo per un mese,
me so’ seduto sopra a un parapetto
e nun so se regge o buttarme sotto.


Quanti colpi ha ricevuto ‘sta povera capoccia.
Ah! Se avessi pensato solo a fa bisboccia.
Invece no! Ho assolto sempre alle mie funzioni
e ora sto a subì tante persecuzioni.


Mi famija m’ha trattato come un bidone,
che quanno nun te serve gle dai un carcione,
me fanno vomitá a pensá che m’hanno buggerato
e adesso me ritrovo depresso e cor fegato malato.


Gli amici se so messi d’accordo e m’hanno usato,
m’hanno condenado ma nun so de cosa so’ accusato
e pe’ l’animo sensibile che se ritrova er sottoscritto,
in silenzio ho accettato ‘sto malefico complotto.


Se pensa che nella vita quando ci’hai i profitti,
er socio lo devi eliminá pe’ toglierti l’impicci,
pero quanno gira male ce sentimo dei relitti
e fa la fine der sorcio semo poi costretti.


A questo monno semo tutti criminali,
vivemo con concetti sballati e teorie banali,
il nostro agire è solo frutto dell’istinto
e ce movemo soli en un grande labirinto.















































































































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lunes, 1 de octubre de 2012

Texto extraído del libro "Colón y yo" 2011






Viaje a los Ínferos

Parte I




Cristóbal Colón, influenciado por los estudios de los grandes pensadores de la antigua Grecia, Marco Polo, Paolo dal Pozzo Toscanelli, entre otros, elaboró el proyecto de alcanzar las Indias a través del océano, navegando rumbo al oeste y abrir una nueva ruta comercial. Sus cálculos sobre la circunferencia terrestre estaban equivocados y concluyó que las Indias se encontraban más cerca de Europa de lo que en realidad estaban, y por lo tanto, el proyecto le parecia realizable.




Siempre existe la posibilidad de que nuestros pensamientos y actuaciones tengan un margen de error y probabilidades de fallar. Cristóbal Colón, en su gran experiencia de marinero habrá pensado lo mismo y seguramente tenía en cuentas que sus cálculos podían ser erróneos. Desde los tiempos de la antigua Grecia se había establecido, según la teoría heliocéntrica de Aristarco de Samos, que la tierra era redonda. Convencionalmente, y por beneficios prácticos, la circunferencia fue dividida en 360 grados. Se necesitaba calcular también, a cuantas millas correspondía un grado para obtener la medida de la circunferencia de la tierra. Según Tolomeo, uno de los más grandes defensores de la teoría geocéntrica y que en aquel tiempo todavía sus escritos eran dogmas, un grado de la circunferencia terrestre correspondía a 50 millas náuticas. Según Alfragrano, apreciado cartógrafo árabe del siglo IX, era de 66 millas náuticas. Cristóbal Colón, manipuló estos estudios, llegando a la conclusión que un grado de la circunferencia terrestre era de solo 45 millas náuticas. En realidad, hoy en día sabemos que son 60 y una milla náutica corresponde a 1.852 metros. Calculó también la distancia de Europa hasta las Indias, rumbo este, para substraerla a la circunferencia de la tierra y saber cuánto faltaba para llegar a las Indias. Según estimaciones de astrónomos y cartógrafos como Marino di Tiro, por cuyos estudios Colón tenía gran respeto y estima, dicha distancia era de 225 grados. Marco Polo, que atravesó todo el continente asiático vía tierra, calculó que la distancia hacia Cipango, hodierno Japón, eran 30 grados más. Son 255 grados que restándolos a los 360 grados de la circunferencia total terrestre dan, 105 grados. Acortando la distancia de un grado de 60 a 45 millas, como se ha señalado anteriormente, alargando la distancia de Europa a Cipango, rumbo este y teniendo como base para la travesía, las islas Canarias, resultaban de recorrer menos de 70 grados. La conclusión era que la distancia para llegar a Cipango, rumbo oeste, fuera de 3.000 millas, en realidad son 10.600, pero tuvo la suerte de encontrar tierra justo después de 3.000 millas, donde él había ubicado Cipango, bajo forma de un nuevo continente.


Colón planteó, insistió que las millas de recorrer eran muchas menos, porque le convenía sostener esta teoría para convencer a los monarcas de financiarle la expedición y a los marineros de acompañarlo en un viaje que en realidad era más largo y arriesgado. Él sabía que un viaje de esta magnitud tenía otros componentes, como los vientos y las corrientes marinas que esperaba tener constantes y favorables, para hacer el viaje más breve, aunque fuera más largo de lo que indicaba. Pues, un viaje puede ser más breve y terminar de modo catastrófico, debido a una tempestad o a cualquier otro evento o ser más largo y arriesgado, pero favorable y terminar de manera exitosa. Otra cuestión importante para él, era creer de tener los favores divinos. Colón era un hombre de gran fe, confiaba mucho en Dios y estaba seguro de que iba a viajar bajo su ala protectora y no le ocurriría nada malo. Eran argumentaciones muy flébiles, pero considerando los tiempos podemos entenderlo. Estaba tan empecinado con su proyecto que puso en riesgo su vida, su tripulación, las carabelas, la reputación de los reales con tal de lograrlo. Cristóbal Colón habría intentado llegar a las Indias de cualquier manera. Quería cambiar su vida y la de su familia, hecha hasta el momento, de privaciones y tribulaciones, con los grandiosos beneficios que soñaba lograr.


Los pasos inciertos que la humanidad tuvo en el desarrollo científico y cultural, después de la caída del Imperio romano, en la Edad Media, son trágicos. Se buscaba todavía de calcular la circunferencia de la tierra, cuando dos mil años antes, en Grecia ya se había calculado en manera casi perfecta. Casi nada se adelantó en la Edad Media. Con la invasión de los barbaros que determinaron la caída del Imperio romano, quienes antes de esta época estacionaban en el norte de Europa, la humanidad tuvo una involución en el ámbito cultural y del conocimiento que se extendió por mil años. Después de tanto tiempo perdido, otra vez la cultura, el arte y el pensamiento humano, comenzaron a florecer en el mismo sitio donde fueron sepultados, en Italia, con su Renacimiento. Siempre es necesario recordar, el aporte único que la península itálica ha dado al desarrollo de la humanidad.


En 1484, Cristóbal Colón, presentó su proyecto a Juan II de Portugal, en el que sostenía que la mejor ruta para llegar a las Indias, era circunnavegando África. Una junta de expertos también consideró que el plan era descabellado y el rey que en aquel momento estaba interesado en las exploraciones africanas, no quiso prestarle atención. Los Reyes Católicos de España, tampoco quisieron prestar apoyo al proyecto, ocupados en la guerra de Granada y porque consideraban exageradas sus pretensiones. Los expertos que analizaron el proyecto, tampoco lo consideraron factible. Cristóbal Colón, hizo otros tentativos enviando a su hermano Bartolomé a las Cortes de Francia y de Inglaterra, sin obtener ningún resultado. Después de esperar siete años y terminada la guerra de Granada, los monarcas españoles, decidieron financiar la empresa y en abril de 1492 firmaron un acuerdo llamado Las Capitulaciones de Santa Fe, mediante el cual. En esta se le hacían una serie de concesiones, condicionadas al éxito de la empresa, como el título de Almirante y Gobernador General de las tierras por descubrir y el 10% de los beneficios. Noventa hombres se embarcaron en dos carabelas, la Pinta y la Niña, capitaneadas por los hermanos Pinzón, Martín Alonso y Vicente Yáñez y una nave, la Santa María, capitaneada por el Almirante. La mayor parte de la tripulación era de Palos, diez vascos y cinco de otras naciones. No se embarcaron mujeres, ni soldados, pero sí oficiales reales, para velar por los intereses de los reyes. El 3 de agosto de 1492, la flota zarpó con rumbo a las Canarias.


Muchos años pasaron antes de que los reyes de España aceptaran su pedido y concedieran lo necesario para que la empresa se realizara. Con la escasa visión de futuro, por partes de los reales de media Europa, Cristóbal Colón pudo haber buscado la ayuda de un noble o de una persona adinerada y organizar la misma expedición. Alquilar algunas carabelas, una tripulación menos numerosa, sin esperar la ayuda de un rey que podría nunca haber llegado. Después, presentarse ante la corte de algún rey y negociar con algo concreto entre las manos. Habría recibido más concesiones, en cuanto estaba ofreciendo mucho más que esperanza, una expectativa que pocos creían pudiese realizarse. Por otro lado la mezquindad real debía de ser muy grande, porque prestar tres embarcaciones, armar el viaje ya intentar una empresa que podría dar muchos beneficios, era una miseria para la Corona. Una característica común entre los españoles, era la lentitud para realizar operaciones o responder a un estimulo. Lo que se podía hacer rápidamente, se hacía en un tiempo exagerado.


Cristóbal Colón tuvo la tenacidad, la inteligencia, la competencia y el coraje, para ir más allá de donde nadie había ido y realizar el descubrimiento geográfico más grande de toda la historia, luego de esperar e insistir para obtener un resultado favorable. El plan que presentaba no era descabellado, tenía una clara y sencilla lógica. Desde los tiempos del Imperio romano, se hablaba de la posibilidad de cruzar las columnas de Hércules que en la edad clásica, eran el límite de lo conocido y viajar hacia la nada. Cristóbal Colón, con su gran aspiración y deseo de descubrimientos, seguramente habrá soñado y anhelado encontrar tierra firme antes de llegar a las Indias, bajo forma de islas o de grandes territorios, a modo de las Canarias o Azores, que estaban en pleno océano, sin imaginar que iba a encontrar un continente entero.


Durante la travesía, la tripulación estaba descontenta por la presencia continua de vientos alisios, que los llevaban hacia el oeste y temían no encontrar vientos favorables para volver. Pero antes de finalizar el mes de agosto aparecieron vientos contrarios, gracias a los cuales los ánimos se sosegaron. El descontento de los marineros reapareció poco después, al entrar por varios días en una zona de calmas, unido a la ausencia de señales de tierra. Cuando los vientos comenzaron a soplar de nuevo, las embarcaciones pudieron moverse rápidamente y entonces aparecieron los primeros indicios de hallarse cerca de la costa, como algunas bandadas de pájaros y maderas que flotaban, las preocupaciones se convirtieron en alegría.


Colón, como experto capitán, manipulaba todo lo que pasaba a bordo de las embarcaciones. Para no crear pánico entre la tripulación ya desesperada por el cansancio, las enfermedades y el miedo que suscitaba la incertidumbre del viaje, les decía que estaban recorriendo menos millas de las que en realidad recorrían. El deseo de Cristóbal Colón de enriquecerse era tan fuerte como el de sus hombres. Por eso, cada vez que tenía problemas con ellos y para mantener en alto sus ánimos para seguir adelante, alimentaba sus codicias, recordándoles que iban a encontrar grandes riquezas. Esa era la forma persuasiva y seductora del Almirante, quien no contemplaba como opción el fracaso. Sabía que si ocurría un motín en los barcos se iban a desvanecer todos los esfuerzos de su vida. Lo más importante para él eran los beneficios que iba a obtener y se dirigía donde su lógica y experiencia le indicaba que había mayores posibilidades de encontrarlos. El mismo método usó con los reyes, diciéndoles que iba a encontrar tanto oro, como para poder organizar una cruzada para la liberación de Jerusalén, empresa que los habría llenado de orgullo. Gracias a esa estrategia, a la vanidad y a la fascinación que el oro ejerce sobre el ser humano, Colón consiguió resolver algunos de sus propósitos. Pero dentro de sí, las dudas de no poder conseguir oro, en suficientes cantidades para satisfacer a todos, eran grandes. Así que no tenía otra opción, que la de recurrir a esta estrategia como arma de convencimiento, cada vez que se encontraba en dificultades.


El 12 de octubre de 1492 se avistó tierra y la alegría fue inmensa. Habían llegado a una de las islas Bahamas, a la que Colón dio el nombre de San Salvador y que los indígenas llamaban "Guanahani". Colón desembarcó y tomó posesión de ella en nombre de los Reyes Católicos. Encontraron gente pacífica a quienes comenzó a llamar "indios", pero carecían de las riquezas que esperaban encontrar. Siguió su viaje por las islas Bahamas, Cuba y La Española. Vieron por primera vez el maíz, las canoas, las hamacas y el tabaco, planta que los tainos cultivaban con mucho aprecio y con la que, una vez secas sus hojas, hacían unos rollos alargados, que fumaban constantemente. El tabaco se utilizaba para mitigar el cansancio, en las ceremonias religiosas o por placer. El vocablo se ha conservado y tiene una difusión mundial.


Colón y la tripulación, vieron materializarse todos sus esfuerzos en un abrir y cerrar de ojos. Un manojo de hombres, con solo tres pequeñas embarcaciones, después de una larga y peligrosa travesía, desembarcaron en una tierra desconocida, supuestamente propiedad de un gran y poderoso Imperio como el Chino, tomando posesión de él en nombre de los Reyes Católicos, por el solo hecho de pisarlo. Pensar en no suscitar reacciones de la contraparte, era un comportamiento superficial y arrogante. Colón debió de pensar que en alguna parte del reino iba a enfrentarse con las tropas del emperador que seguramente habían todo lo posible para expulsar a los invasores. Pero si nadie reclamaba las tierras que ellos ocupaban, seguramente pensó que algo estaba equivocado. Colón y los reyes hablaron sobre tierras por descubrir y no de tierras por conquistar, entonces, imaginaron que era probable y esperado encontrarlas antes de llegar a las Indias, sin ninguna intención de usurpar tierras al imperio del Gran Kan.


En los tiempos de Colón, se decía que la China y las Indias eran territorios ricos en oro, seda, piedras preciosas y especias. Sin embargo, no se tenía la certeza de que estos países existieran realmente, todo se basaba en los relatos de Marco Polo y de algunos otros aventureros y mercantes. Cristóbal Colón, hombre de gran imaginación, audaz, paciente, experto, obstinado, ambicioso, diplomático, inteligente, cuando verificaba que los relatos de Marco Polo no concordaban con lo que él había encontrado, había pensado en la posibilidad de estar en una tierra desconocida. Pero no le convenía suscitar dudas sobre sus propios cálculos, ideas y elecciones. Cristóbal Colón, afirmó haber llegado a las Indias y el mundo entero le creyó. Había llegado al reino del Gran Kan, cuya dinastía en aquel tiempo había terminado y dado paso a la dinastía Ming, pero en Europa esta noticia se desconocía.


Cristóbal Colón que en joven edad estudió cosmografía, historia, crónicas, filosofía, era un hombre que también poseía la suficiente y sana curiosidad que caracteriza a los hombres de ciencia y veía la realidad no solo desde el punto de vista religioso, como era usanza en aquella época, sino tambien desde el punto de vista científico, aunque su mayor experiencia era basaba sobre la navegación. Comenzó muy joven, aprendiendo los secretos del oficio, dándole una visión más amplia de la vida. Su viaje no solo tenía el propósito de abrir una nueva ruta hacia las Indias sino de comprobar la esfericidad de la Tierra de manera irrefutable.


En la Nochebuena de 1492, la Santa María naufragó en la costa norte de La Española. El cargamento se salvó gracias a la ayuda de los indígenas y con los restos de la nave se construyó un fuerte llamado La Navidad, que fue el primer establecimiento español en América. Allí quedaron treinta y nueve hombres con el fin de buscar minas de oro y mantener relaciones amistosas con los "indios". Para el viaje de regreso se embarcaron algunos indígenas, papagayos, pavos, productos de la tierra y objetos exóticos. Las dificultades del viaje de regreso fueron enormes y Colón demostró una vez más sus magníficas cualidades marineras. Atracaron en 4 de marzo de 1493 en Lisboa, forzados por una tempestad. Colón tuvo ocasión de entrevistarse con Juan II de Portugal y ponerle al corriente de sus descubrimientos. Inmediatamente el monarca portugués reclamó la pertenencia de las nuevas tierras, alegando derechos derivados del tratado de Alcáçovas. Los Reyes Católicos negaron tal pretensión, aduciendo que la navegación se había efectuado siempre al oeste y no al sur de las Canarias. Colón fue recibido maravillosamente de los reyes de España, quienes le confirmaron todos los privilegios pactados. Enseguida iniciaron contactos diplomáticos con Portugal para establecer una frontera en los descubrimientos, tema que provocó tensión entre ambos reinos. Finalmente en junio de 1494, con el tratado de Tordesillas, ambas partes aceptaron que la línea de demarcación fuera el meridiano situado a 370 leguas al oeste de Cabo Verde. Al oeste de este meridiano era territorio de España, al este de Portugal. La afirmación de Cristóbal Colón de que había llegado a la India, había sido aceptada tanto por los monarcas, como por el Papa. Pero, Pedro Mártir de Anglería, humanista italiano, establecido en el tribunal español, pensaba de otra manera. Él escribió, que por el tamaño de la Tierra, no podría haber llegado a Asia: “Colunus ille novi orbis repertor”, Colón descubrió un nuevo mundo.


Al regreso, Cristóbal Colón, fue golpeado por una tempestad que lo arrastró más al norte de Palos, donde iba a desembarcar. Después habría podido regresar para comunicar la noticia antes que nada y como era justo, a los Reyes Católicos, pero prefirió seguir para Portugal y comunicarle la noticia al rey de dicha nación, aun sabiendo que las relaciones entre ambos reinos, eran tensas. La vanidad, el deseo de desquitarse de las injusticias pasadas, causadas por el rey de Portugal, dictó este pueril comportamiento. No pudo resistirse y fue a vanagloriarse de su éxito, desencadenando un enfrentamiento muy fuerte en los años venideros entre estos dos reinos. Varios años antes, Colón, vivía en Portugal, casado con una mujer portuguesa de una familia importante y siendo comandante exitoso de la misma marina. En aquel tiempo, pidió al rey la ayuda necesaria para la travesía. Pero a pesar de sus créditos no encontró el apoyo para llevar a cabo el proyecto. Este rechazo, nunca pudo olvidarlo. Aun en su vejez y poco antes de morir, lo escucharon  recordar esta historia como una de las más horripilantes de su vida y que nunca pudo comprender, tanto que después del rechazo y la muerte de su esposa en 1485, se marchó de Portugal con su hijo Diego de 5 años a España, a probar mejor suerte.

  
En sus viajes, a lo largo de la costa africana y bajo la égida de la marina portuguesa, Colón habría visto desde en el mar arboles y frutos desconocidos, haciéndole pensar que no muy lejos de allí, hacia el oeste, había tierra. Estaba seguro que no muy lejos de la costa africana y europea había una tierra desconocida que tenía que llevar a la luz del mundo, con todos los provechos que podía tener. Los honores que se otorgaron a Colón nunca serán demasiados, ya que ningún otro navegador tuvo la tenacidad, el coraje y la habilidad de navegar por un océano desconocido, hasta encontrar tierra. Fue la descubierta más grande y espectacular que un ser humano haya hecho. El continente americano fue descubierto por Cristóbal Colón pero, por las reiteradas injusticias en su contra, el continente lleva el nombre de quien tiene poco que ver con la empresa. Cristóbal Colón recordando sus conversaciones con el rey de España acerca de su expedición dice: "Durante mucho tiempo yo estaba en la corte de Sus Majestades, encontrando la oposición de los altos cargos y de la familia real, todos alineados contra mí, de llamar a este negocio loco". En el momento del triunfo cuando su perseverancia, perspicacia, experiencia, habían recibido la recompensa del descubrimiento, Colón arremetió contra los escépticos que lo habían ridiculizado. Se desquitó de todos los sufrimientos que mentes retrogradas le habían infligido en años de espera, enfrentándolos muy duramente. Cada pionero del conocimiento humano tiene que sufrir mucho antes que su idea sea aceptada y suele encontrar todo tipo de oposición, en la espera de la dorada gloria. En este caso, Colón habría hecho bien en mantener la compostura. Por el contrario, llenó de insultos a sus detractores, con voluntad de humillar y desacreditarlos, cuando tenía más que nunca necesidad del apoyo de todos. Debió de ser cuidadoso y moderado con quienes estaban en su contra y todavía negaban validez a sus ideas y hechos, pues siempre lo iban a hacer, aunque la evidencia del éxito de su empresa fuera aplastante.











Fotografías extraídas del libro "Colón y yo" 2011


Homenaje a Cristóbal Colón, en Santo Domingo, "Su segunda Patria" a 520 años del descubrimiento del Continente Americano.  


















































































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martes, 4 de septiembre de 2012

Vaticano






I papi

Nella storia della Chiesa, ventotto papi non sono andati oltre un anno di pontificato e dodici non oltre un mese. Ad ogni modo, è stato accertato che almeno diciotto di essi siano stati assassinati. Questo accadeva all’interno della Chiesa, per far capire a chi non lo aveva inteso che per assicurarsi la continuità, bisognava con qualsiasi mezzo raggiungere un solido dominio economico. Chi cercava altre soluzioni e strategie, magari anche più consone all’istituzione, era rapidamente eliminato. La Chiesa, si è rivelata intollerante anche verso la gente comune che si rifiutava di accettare l’ideologia cristiana, per altro fondata sull’umiltà e sul perdono, per perpetrare con la forza, il potere. La Santa Inquisizione fu escogitata per scoraggiare con il terrore, con l’impiego della tortura e della condanna al rogo, la diffusione delle eresie che ostacolavano l’affermarsi dell’ortodossia cattolica. Oggi, allo stesso scopo e con metodi diversi, si organizzano grandi raduni che imitano le tecniche delle ideologie totalitarie di ieri, per accattivarsi le menti piú immature e facilmente condizionabili. Ricordiamo che nei due millenni passati il cristianesimo è stato più volte sull’orlo del disfacimento.



Il giornalista Mino Pecorelli, direttore del settimanale ”Osservatore Politico”, fu assassinato il 20 Marzo 1979, dopo aver pubblicato un elenco di 121 nomi d’esponenti vaticani affiliati alla massoneria. Nella lista compariva il nome di Paul Marcinkus, capo dello IOR, Istituto per le Opere di Religione, ossia la Banca Vaticana, attraverso cui avveniva, tra l’altro, l’esportazione illecita di valuta all’estero e investimenti nell’industria delle armi e contracettivi. Quando nel 1935 Mussolini invase l’Abissinia, tra l’acclamazione d’alti prelati italiani, uno dei principali fornitori, era una fabbrica di munizioni di proprietà Vaticana. Lo IOR è stato istituito nel 1942 da papa Pio XII ed è stato più volte coinvolto in scandali finanziari, fra i quali spiccano l'affare Sindona e il crac del Banco Ambrosiano. Papa Paolo VI, a suo tempo, definì Sindona uomo mandato da Dio, con il piano di moltiplicare i capitali Vaticani, al pari di Cristo che aveva moltiplicato i pani e i pesci.




Quando nel 1978 Albino Luciani divenne papa, 1.650 conti correnti della Banca Vaticana appartenevano a istituti religiosi. Gli altri 9.350 erano di proprietà di diplomatici, prelati e cittadini privilegiati che usavano tale banca da tramite per esportare illegalmente valuta pregiata fuori dall’Italia. Dopo aver disposto un’inchiesta sulla presenza di massoni tra le gerarchie Vaticane, il 28 settembre Giovanni Paolo I, affronta con il segretario di Stato Jean Villot la scabrosa questione IOR. Papa Luciani, intimò Villot che Marcinkus doveva essere trasferito. La mattina del 29 settembre 1978, poche ore dopo il colloquio con Villot, Giovanni Paolo I fu rinvenuto cadavere. Il papa aveva 65 anni, godeva buona salute e non aveva mai sofferto di cuore. Una morte improvvisa e misteriosa, seguita da una frettolosa imbalsamazione e per decisione dello stesso cardinale Villot, il cadavere del pontefice non fu sottoposto ad autopsia. Il seguente conclave, elesse papa il cardinale polacco Karol Wojtyla, il quale non attua nessuno dei provvedimenti decisi da Luciani. Così Marcinkus continuò a dirigere la Banca Vaticana e a far sì che le attività criminali, come quelle con il Banco Ambrosiano, prosperassero. Anche Calvi e i maestri della P2, Gelli e Ortolani, continuarono con i loro traffici illeciti. La Banca Vaticana, amministrata da Marcinkus, gestiva un capitale superiore a un miliardo di dollari. I profitti annuali nel 1978, erano di circa 120 milioni di dollari. I proventi di tale banca, sono per l’85 per cento di proprietà del papa che li adopera come meglio crede. Papa Wojtyla, estimatore di Marcinkus, nel settembre 1981, lo promuove arcivescovo e gli affida anche l’incarico di vicegovernatore del Vaticano, cioè responsabile degli introiti derivanti dall’afflusso dei pellegrini e dei turisti, portando in breve i modesti incassi a cifre miliardarie. Nel 1982, lo nomina anche cardinale, senza l’onore della porpora. Marcinkus restò a capo dello IOR fino al 19 giugno 1989, quando decise di lasciare la guida della banca Vaticana e l’Italia, per tornare nella natia Chicago.



Da papi e prelati, era praticata con disinvoltura una perversa attività sessuale. Sisto IV, per esempio, fu denominato “Puerorum amator”, tanto che oltre ai nipoti Pietro e Girolamo, amò grecamente un giovane che salì per le sue lubriche compiacenze alla sedia vescovile di Parma e fu poi insignito della porpora cardinalizia. Nel periodo del suo pontificato, 1471-1484, queste manifestazioni dovevano considerarsi normali, tanto da incoraggiare i cardinali a fare richiesta e rendere leciti gli atti sodomiti, per almeno tre mesi l’anno. Sisto IV in fondo alla richiesta scrisse: Concede come si domanda. Il cardinale Giuliano Della Rovere, eletto Papa nel 1503 col nome di Giulio II, 1503-1513, fu militare e politico abilissimo, riuscendo a recuperare tutti i domini persi in precedenza dalla Chiesa. Anch’egli mostrò trasporti per gli adolescenti. Il cardinale di Montalto, nominato pontefice col nome di Sisto V, 1585-1590, amò adolescenti come Innocenzo VII, 1404-1406 e Paolo III, 1434-1549. In Vaticano, nel secolo passato, era nota la cricca di prelati omosessuali, i quali in privato si riservavano il grazioso appellativo di “Mia cara”.



L’autore, con quest´articolo, si è solo assunto l’onere di ricordare alcuni fatti scabrosi, già ampiamente conosciuti e dibattuti che hanno coinvolto nei secoli la Chiesa.










L’inesistenza di Dio è in ogni situazione.







Il mio Dio è il prossimo per lo meno anche se goffamente in qualche occasione si manifesta.







La religione al servizio della legge. Quanti reati in più senza la paura di un Dio inquisitore.


















Le pene del prete


La famija d’un prete superanno ogni confine,
in un convivio s’embriagarono e alla fine,
se misero a contá del clero tutti l’intrighi,
li giudicavano elencando pure li castighi.



Cor vino en corpo a parlá de li corrotti,
nun se salvó nemmeno uno de li rimbrotti,
lui spaesato pe’ nun fa ‘na figuraccia,
dovette sta’ zitto e prenderla en saccoccia.



Facenno papa a Lucianino se pentiron tutti,
nun era adeguato pe’ li farabutti
e come è stato eletto fu pure esecutato,
da quelli che passeggian er colonnato.


Quanno se ritirano en sacrestia co’ la perpetua,
si s’osservati se mettono come ‘na statua
e stamo attenti a lasciá vicino ‘na creatura,
che possono fa ‘na cosa contro natura.



È mejio ch’annate a visitá li carcerati,
pe’ nun farli sentì emarginati,
cambiate direzione e dateve a la filantropia
e nun pensate ancora a Porta Pia.



‘Sta gente cor peccato ci’ha un contatto speciale,
quanno t’avvicini aspettate un attacco brutale,
ci’hanno convinti che semo noi le anime impure
e ce radunano come pecore che aspettano censure.



Che me tocca fa’ per scroccá ‘na magnata,
ascoltá de ogni bocca ‘na fregnata,
il giorno dopo tutti sobri te senti dire,
stavamo a scherzá, nun starai ora a maledire?












































































































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