viernes, 1 de octubre de 2010

Lucania I






Terra dimenticata



Eppur discendo dalle vallate di tenui monti
e dal lento bisbiglio del suo popolo lontano,
dalle arcuate spalle sulle riscaldate zolle,
là dove scolano nella pianura e al mare.

Discendo da un popolo nerboruto e rozzo,
che contrastarono con forza i romani avi,
poi fondendosi e serbando tradizioni,
strizzato con l’audace sangue sui calzoni.

Che bella é la mia terra e scorre lieve,
piani e colli rimbalzano ieratici sino al mare,
terra di chiare sabbie pietre e calanchi,
paesi abbarbicati su lacerati acumi stanchi.

Sconquassano la tristezza i miei fieri monti,
che lo stridente volgo alligna in perfidi affronti,
rumori di danzanti ciottoli e sordidi schianti,
fragorose lontane voci e tonfi riecheggianti.

Una finestra gronda colorati oleandri in fiore,
sogghigna e guarda lì in fondo a un dirupo,
sbatte contro il forte vento di terra lacustre,
la macchia spinosa oscura e cespi di ginestre.

Lo sguardo si perde sulla crosta mossa,
nei dì tersi imbrattati di dorata paglia,
di là accoppiati buoi e lì imperiosi muli,
ancorati ai solchi ed erpicati ai dossi.

E ancora è terra di mediterranei ulivi,
orizzonti disegnati tra pendenze e contadini,
caverne inospitali d’insediamenti primitivi, 
di fronte a muri sozzi di medioevali cammini.

Sin ai placidi flutti del decantato Ionio,
che vider di passaggio l’astuto Odisseo,
osco e poi viver teco declinando idiomi,
esecrabili invasioni con celati assiomi.

La mia terra rimasta orfana dei frutti,
a stento scalderà il sia pur mite inverno,
il frugale pasto è un sogno senza gloria,
andate via per non riempirvi di perfidia.

La colpa dell’atavico problema è nel potere,
ma la pistola fumante andrà a mancare,
la politica si riempie la bocca di parole
e la soluzione meridionale è lì da venire.

Sovente volgi lo sguardo e mi trovi in pena,
fa troppo freddo ormai nel mio vecchio cuore,
il corpo mio tutto tremante ti chiede di tornare,
concedilo perché a nessuno ho fatto mai del male.

Colmo d'anni e d'emozioni e ricordi lusinghieri,
torno a te terra natale per il ristoro della carne,
ti porto nell’angolo più caro che ancor non muore,
ma lo star lontano ormai mi da solo il batticuore.




















































































































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